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Legge di Bilancio 2018: una cortina di gelo sulla sanità pubblica

 

La legge di bilancio 2018 appena approvata è da considerarsi, a giudizio delle organizzazioni sindacali della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, del tutto insoddisfacente in merito al destino della sanità pubblica.

Una manovra da 20 miliardi ne ha destinato la metà a bonus per tutte le età e a micro-provvedimenti, dal giardinaggio, ai bond cuscinetto. Ma, in continuità perversa con le precedenti, niente per arrestare lo slittamento della sanità pubblica lungo il piano inclinato che la porterà a quel 6,3% di PIL di finanziamento che ne certificherà la morte. E molto poco per alleviare il peggioramento progressivo delle condizioni di lavoro di una categoria, quella dei dipendenti del SSN, che invecchia e che unica al mondo è costretta al lavoro disagiato oltre i 65 anni per garantire il diritto alla salute dei cittadini. Niente sul futuro dei giovani vista la ostinazione a non volere aumentare il numero di contratti di formazione specialistica tenendo stretto un imbuto formativo ‘grazie’ al quale crescono solo disoccupazione, sottooccupazione e caporalato.

L’iniziativa delle organizzazioni sindacali della Dirigenza Medica e Sanitaria, culminata nello sciopero nazionale del 12 dicembre, ha permesso di conseguire, anche grazie all’impegno di alcuni parlamentari, alcuni risultati nel passaggio del provvedimento alla Camera: risorse aggiuntive al salario accessorio, sia pure a valere dal 2019; norme della Circolare Madia, che consentono di stabilizzare anche il precariato dei medici e dei dirigenti sanitari, trasformate in legge; maglie allargate per le assunzioni nelle Regioni con i conti in ordine. Non è sufficiente, e non producono cambiamenti tangibili ed immediati. Occorre, però, tenere conto della bocciatura degli emendamenti per la sanità al Senato, della difficoltà degli stessi ad inserirsi in una manovra elettorale, della debolezza politica del ministero della Salute nei confronti delle onnipotenti Commissioni Bilancio. Nonché del fatto che la sanità è stata espulsa dai discorsi programmatici di ben 4 Presidenti del Consiglio e dalle agende dei loro governi.

Ombre che diventano tenebre, poi, nel caso della deregulation nelle assunzioni concessa alla provincia di Bolzano e del passaggio, in un processo di stabilizzazione atteso da tempo, dei precari medici e dirigenti sanitari della ricerca in una area contrattuale non coerente con la loro formazione ed attività. Ombre che rappresentano la vera politica sanitaria di questi anni, priva di una idea ed una progettualità, cieca nel non vedere il baratro in cui stiamo precipitando e sorda nel non ascoltare i tanti gridi di allarme.

Siamo ad un punto critico ed il Governo che verrà non potrà non partire da qui. Dalla iniquità e dalle diseguaglianze anche territoriali e dalla volontà dei medici e dirigenti sanitari di fare tutto ciò che è in loro potere per il diritto alla cura ed il diritto a curare.

Ora tocca alle Regioni, che finora hanno garantito i LEA a nostre spese e con i nostri sacrifici, tenere fede ai loro obblighi datoriali e portare il rinnovo del CCNL fuori dalle secche in cui è tenuto da 8 lunghi anni. Ultima chiamata per il SSN: nei programmi elettorali si dica la verità agli italiani sul futuro che le forze in campo vorranno dare alla sanità pubblica e si diano risposte alle organizzazioni sindacali che hanno proclamato uno sciopero di 48 ore per l’8 e 9 febbraio 2018!

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